Dammi tre parole: Sole, Cuore e “:-)”

24 Luglio 2007

Una di quelle che da un due o tre lustri promette d’essere una futura giovane promessa della letteratura italiana e della critica letteraria europea, in un discorso che facemmo un’estate di ormai due anni fa al Caffè Pedrocchi, dopo una mia fortunata conferenza nella Sala Egizia, mi disse queste lapidarie parole:
<< Quando in un libro si arriverà a scrivere ” :-) ” vorrà dire che è finita >>
Eppure, lo stile “chat”, in alcuni suoi aspetti - e per dirla con un emistichio di un fine trecentista inspiegabilmente sconosciuto ai più - è epocale fess.

Siano A e B due personaggi. A è un ingegnere gestionale che deve accedere ad un server configurato da B, facciamo ingegnere informatico, ma è irrilevante.

A>> La password è sempre la stessa o l’hai cambiata?
B>> Sempre quella, vai tranquillo.
A>> NON MI PARE, NON MI LASCIA MICA ENTRARE…
B>> Hai provato a togliere il maiuscolo?
A>> Ah, cacchio…

In attesa di approfondire ulteriori (con)fusioni metalinguistiche, ci aggiorniamo.

Apologia dell’ipocrita

8 Luglio 2007

Nel comune disprezzo per l’ipocrisa c’è tutto il puzzo della nostra epoca superficiale.

Il Tommaseo: l’ipocrita copre il male coll’apparenza del bene.

Ad esempio, chi fa il santo, e ha in cuore affetti non puri, è ipocrita. Disprezzare una tale ipocrisia significa invitare chi non si sente santo a sgozzare la propria madre e a sparare in testa al primo bimbetto con la faccia da Mulino Bianco che gli capita a tiro. Ed è importante che ciò avvenga alla luce del sole, senza che si tentino compromessi e si sfruttino penombre.

Benissimo, ma questi non-ipocriti mi auguro di non trovarmeli come vicini di casa.

E pure: ipocrita, per estensione, chi si mostra più incredulo o più corrotto di quel che egli è, o per vanità o per interesse, o per debolezza di cuore o di mente.

Questa è bella, ed accresce ancor più la mia curiosità e simpatia per un “vizio” così grandioso.

Esistono altre forme di ipocrisia? Certo. Ma chi del ladro non biasima i furti quanto il sorriso onesto con cui li copre non è dalla mia parte, perché ciò che non sopporta non è il crimine, ma la simulazione - se solo il ladro salisse sull’altare e gridasse: “sono un ladro vero, seguitemi”, lo seguirebbe senz’altro. Io invece posso condannare il ladro in quanto ladro, ma stimarlo in quanto attore. E, soprattutto, lo lasciarei psicologicamente in pace: tutti quelli che hanno la pretesa di dire che cosa è vero e che cosa è finto in me (cioè in lui, che è mio simile, mio fratello!) non meritano che derisione e sculaccioni.

HEADPHONE ECSTASY IN PUBLIC SPACE

3 Luglio 2007

The white noise buzzing to make sound

my thoughts bullied by the crowd.

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Algorrea

8 Giugno 2007

Ma uno così, che rifiuta - forse, ma solo forse, perché non sa dire né sì né no - il vecchio ruolo del diligente artigiano che nel supremo momento in cui la stronzata pensata (o in qualche modo intuita) supplica d’incarnarsi, di farsi pietra cioè coprolìto, dovrebbe assecondarla, con sublime serietà fonderla e infine esornarla, badando che nel frattempo solidifichi col massimo agio dentro un discorso compiuto, perfettamente deficiente da cima a fondo - uno così, che le persone perbene imparano presto a detestare o compatire, che i suoi simili considerano noioso se hanno cultura, disdicevole e impudìco alter ego altrimenti, uno così, che non vuol dire niente… che cosa scrive a fare?

Amministrativendolo II

5 Giugno 2007

Con tutta la simpatia per il Cavaliere - mi piacciono i palloncini blu: li ho tenuti sott’occhio, è da quando son piccino che voglio vedere che fine fanno i palloncini che volano su su; li ho tenuti d’occhio, poi sono stato distratto, dovendo salutare i contestatori, che “sì sì, avete ragione, tutto questo è popolino, ciao, ciao, sì ci vediamo, ah gentaglia: adunata fascista! Ignoranti benvenstiti e benpensanti. Popolani indegni, calpestatori dei più deboli blabla…” e, ricontrolla, i palloncini non ci sono più, dannate zecche! - dicevo, con tutta la simpatia, ma lo dico questa volta con spero largo anticipo, il mio voto per il ballottaggio è ancora abbastanza in vendita. E non lo dico in spregio al mio interesse: sono fermamente convinto che un piccolo compenso certo oggi valga più di una delusione quasi certa domani, ergo, di me potete fidarvi.

Anche perché le condizioni sono le stesse dell’altra volta. Fatevi vivi, garantisco pure tutta la riservatezza che volete (dai, non fatemi fare un’altra bianca, suvvia, visto che alle urne ci vado per via di superegodemocratico un filo ipertrofico, fatemi fare un segnetto, dai…dai…).

PS

Ho scritto “abbastanza in vendita”, perché un filino sono polarizzato. Appena appena. Giusto un briciolino. Sono molto disinformato, ma se mi venissero confermate le voci che un certo voto dato ad una certa persona potrebbe servire a paralizzare la capacità decisionale dei nostri amministratori, beh, ecco… Io sogno da sempre un Sindaco che non faccia nulla. Un Consiglio che non faccia nulla. Quindi… quindi niente. Lo dicevo per onestà: non intendo comunque alzare la base d’asta per via di voci, speranze, calcolini da strapazzo - anche perché, una volta che uno è lì, qualcosa di nuovo, ahinoi, farà e si torna alla delusione quasi certa di cui sopra. Perciò, fatevi sotto.

Amministrativendolo

26 Maggio 2007

Ormai forse è tardi. Uso questo mezzo per informarvi che il mio voto è, come sempre, in vendita. Non ho una base di partenza per l’asta… Ma non vergognatevi di nulla: anche una birra piccola potrebbe bastare, così come un buon consiglio, un enigma, un aforisma (va da sé che non ho niente contro il denaro, in qualsiasi quantità).

Insomma, fatevi vivi. Mi presenterò alle urne domani verso l’ora del pranzo, non avete molto tempo.

Una produzione intellettuale (aforisma)

6 Maggio 2007

Un spruzzata paratattica basterà a definire l’uomo moderno: imparò - contro voglia - a leggere i manuali, fu avvezzato allo scrivere, commise atti impuri, riempì qualche blog.

CREDITS:
Per avermi in qualche modo, diretto o indiretto, aiutato a produrre questo pensiero, ringrazio tutti i miei amici delle scuole medie inferiori e superiori, il mio professore di neurofisiologia (non dimenticherò mai la sua lezione sul corpo nero, a dimostrazione di come le cose che contano nella vita si facciano chiare all’improvviso), tutti i miei compagni di avventure nel mondo degli scacchi (in particolare Sferazz, “sei un grande!!!!”), il sovrintendente del Teatro Popolare Aristocratico di Carzago della Riviera (senza la cui preziosa collaborazione non sarei dove sono e ignorerei ancora l’esistenza degli scritti di Totti, grazie anche per questo), Albert Camus e quell’altro molto meno bello e un po’ strabico (senza il quale non sarei quello che sono sempre stato). Un caro abbraccio non può mancare a tutti coloro che hanno creduto in me e che mi hanno sostenuto sia fisicamente che moralmente nelle difficoltà di chi avanza da solo contro la corrente del conformismo, a tutti i miei parenti e ai miei antenati. Infine ringrazio la mia ragazza Olga per aver sopportato con pazienza la mia assenza, nelle numerose ore trascorse davanti al computer nel concepimento del mio pensiero più abissale (la mia fama spero ti ricompensi almeno in parte del tempo che non abbiamo potuto trascorrere insieme, ma sappi che l’ho fatto per te e senza di te tutto questo non avrebbe senso, mi sei mancata). Non posso non rivolgere un pensiero al mio manager, Maurizio Milani, agli amici della Microsoft e alla community di Linux, che mi è stata vicina nei momenti di maggiore disperazione. Ma tutto questo non avrebbe mai potuto vedere la luce se sulla mia strada non avessi incontrato (in un pomeriggio estivo che mi costò un’insolazione) Varg Virkenes, che mi ha mostrato con l’esempio, pagandolo in prima persona (hasta la vista, fratello!), quanto Baudelaire abbia risentito della lezione della musica Dance più lisergica. Ringrazio tutta la banda dell’oratorio di Sion (Svizzera) ed il capobastone della società di maioliche desenzanesi in stile kosovaro. Spero che i miei sforzi non siano stati vani e che il mio aforisma aiuti l’Uomo a progredire, nel disincanto, verso l’arduo ma splendido sentiero di una superiore consapevolezza.

Solus ipse fess

20 Aprile 2007

Pensare che gli altri pensino… è animismo.

Cambiando discorsi

17 Aprile 2007

L’ultima volta che ho scritto qui, il giorno dopo è successo un macello.

So che il Maestro non perderà tempo, e si congratulerà al più presto per la sgrammaticatura retorica di alto livello. Il punto è che ci insegnano le regolette, e dalle regolette nascono frasette. Tanti punti, frasi brevi, pensieri corti, lineari. Se siamo così fortunati da far saltar fuori un ragionamento, questo è una catena di implicazioni filoniane, che un modus ponens di bassa lega fa scattare a raffica col rumore meccanico di una calcolatrice dei tempi andati (adesso anche le calcolatrici tacciono). Non sappiamo piegare il linguaggio ai nostri comodi (qui si va giù di plurali maestatici, è chiaro), ma ci pieghiamo noi a lui. Perché lo temiamo, ci sentiamo in soggezione.

Ma potrebbe non essere evidente l’alternativa a tanta sciatteria. Piglio la prima cosa che trovo in google e la copio:

<<
Montagne che varcai! Dopo varcate,
sì grande spazio di su voi non pare,
che maggior prima non lo invidiate.
>>

Al di là del latinismo e dell’endecasillabo, a noi una cosa del genere non verrebbe mai in mente. Le regolette che ci hanno insegnato non permettono di produrre nulla di tutto questo. Ed è un esempio banalissimo. Lascio al lettore l’esercizio di “trovare di meglio”, da svolgere con google.

Sta di fatto che non dubito che i computer di oggi riescano ad analizzare il nostro “linguaggio naturale”: ci hanno insegnato a scrivere come scriverebbero dei computer. Date al vostro pesce babilonese la terzina lì sopra, vediamo la reazione.

Una parabola

10 Aprile 2007

E’ di moda rispondere pubblicamente a domande che nessuno ci fa, riguardo a cose cui nessuno si interessa.

Voglio essere trendy.

So bene che cosa farei se vincessi un mucchio di soldi.

Venuto a sapere della vincita, non mi scomporrei per nulla. Mi farei solo portare, a casa e senza fretta, una prolunga paradossale. Nell’attesa, dormirei. Poi, attaccata la spina, con la chitarra e il mio ampli, in pantofole e pigiama, me ne andrei a passi lenti verso la foresta. Là suonerei fino a quando finisce il Kali Yuga.
Rock on, fess.

Theodor Kittelsen - Hakkespett, 1912

Theodor Severin Kittelsen - Hakkespett