Archivio della Categoria 'Concione'

A che serve nascere se poi non si fa educazione informatica?

Lunedì 17 Marzo 2008

Discorsi da giornaletto.
Mica vero che i rossi diventano bianchi con l’età e mai viceversa. (Alcuni sostengono che i più arcigni, quando la fine s’avvicina ma non troppo, nuovamente shìftino verso il rosso in un sussulto di nostalgia per i bei tempi, per poi tornare bianchi due istanti prima del trapasso).

C’è gente che fa anche al contrario. Parte bianca che più bianca non si può: no agli aborti, no ai divorzi, no ai contraccettivi, no al petting, no al bacio con la lingua, no al bacio sulla lingua, no all’onanismo, no ai froci praticanti, no all’agopuntura, no; passa qualche tempo e affiancano ai santini le foto di R.M.Stallman. Non sono rossi, van dicendo: it is a matter of freedom, mica di colore!
Ti capita che poi li incroci per strada, ingobbiti e imbrufoliti. Qualche chilo in più, ma il portatile nuovo, con installata una dozzina di Linux e appiccicata sul coperchio qualche scrittina a dimostrare che lì già risiedette Windows Vista, che fu disinstallato e rimborsato il terzo giorno, secondo Paolo Attivissimo, per grazia ricevuta dal Codacons, per intercessione dell’ADUC, eccetera, eccetera, gloria.
Non è questione di soldi, it is a matter of freedom.

C’è chi incontrando una bella tipa si doleva per lei, temendo castamente e sinceramente la sua verosimile vicinanza al peccato, mentre i normali se ne stavano intenti a forgiarsi fantasie, stimando e contabilizzando la quantità e qualità settimanale dei di lei climax. Ora la pietà ha cambiato stile: indaga e indugia nelle pieghe del volto per capire (santa o peccatrice ormai nulla importa) quante volte, la figliola, usi Windows anziché l’OSS.
OSS sta per Open Source Software: se lo chiedete, il “bianco” risponde, con tanto di bibliografia.

Capita che, mentre i compagni di classe d’un tempo, atei, agnostici, satanisti, nichilisti, menefreghisti, sgarbisti e celoduristi, a volte comunisti, quasi sempre anarchici e modernisti, ridendo e scherzando sulla campagna elettorale, alla fine dichiarano di votare per i bianchi, un po’ per età, un po’ per estetica; capita, dicevo, che i bianchi che furono contro i divorzi, contro i contraccettivi, contro il petting, contro i baci sulla/nella/colla lingua, contro l’onanismo, contro il frocismo praticato, contro i mulini a vento, contro un po’ tutto tranne iddio! votino per i rossi, quelli con la falce e il martello e tutto quanto. Lo dico subito e secco secco, il motivo: è perché questi rossi c’hanno i siti open source.

It is a matter of freedom.

I blog sotto la neve fradicia

Martedì 25 Dicembre 2007

Ci sono blog che a Natale si spengono. Vale a dire: sono schizzi che servono nei momenti di alta tensione, per tranquillizzarsi un attimo. Ricettacoli di gesti dissipativi dello stress. La gioia dei lettori, che pure son tali per coazione a ripetere.

Altri si accendono. Uno ha tempo, e scrive. Non abbastanza per un libro, forse, ma il blog ci può stare. In effetti, il blog è una gran cosa, al diavolo gli editori. Ma sono pochi quelli che non cedono alle lusinghe del poter tutto pubblicare e non finiscono col troppo pubblicare. Un libro è sudato. Magari anche censurato. Un blog è schizzato. Ci vuole autocontrollo. Bisogna saperci fare. Difficile. Elitario.

Ci sono bloggers che proseguono come se niente fosse. Vacanza o meno. Di diritti umani si parlava e di diritti umani si parla. Di computer? Di computer. Di calcio? Di calcio.
Di niente? Di niente. Questi meritano la tessera, se già non l’hanno, di giornalisti.

Cambiando discorsi

Martedì 17 Aprile 2007

L’ultima volta che ho scritto qui, il giorno dopo è successo un macello.

So che il Maestro non perderà tempo, e si congratulerà al più presto per la sgrammaticatura retorica di alto livello. Il punto è che ci insegnano le regolette, e dalle regolette nascono frasette. Tanti punti, frasi brevi, pensieri corti, lineari. Se siamo così fortunati da far saltar fuori un ragionamento, questo è una catena di implicazioni filoniane, che un modus ponens di bassa lega fa scattare a raffica col rumore meccanico di una calcolatrice dei tempi andati (adesso anche le calcolatrici tacciono). Non sappiamo piegare il linguaggio ai nostri comodi (qui si va giù di plurali maestatici, è chiaro), ma ci pieghiamo noi a lui. Perché lo temiamo, ci sentiamo in soggezione.

Ma potrebbe non essere evidente l’alternativa a tanta sciatteria. Piglio la prima cosa che trovo in google e la copio:

<<
Montagne che varcai! Dopo varcate,
sì grande spazio di su voi non pare,
che maggior prima non lo invidiate.
>>

Al di là del latinismo e dell’endecasillabo, a noi una cosa del genere non verrebbe mai in mente. Le regolette che ci hanno insegnato non permettono di produrre nulla di tutto questo. Ed è un esempio banalissimo. Lascio al lettore l’esercizio di “trovare di meglio”, da svolgere con google.

Sta di fatto che non dubito che i computer di oggi riescano ad analizzare il nostro “linguaggio naturale”: ci hanno insegnato a scrivere come scriverebbero dei computer. Date al vostro pesce babilonese la terzina lì sopra, vediamo la reazione.

Panini

Giovedì 15 Febbraio 2007

Mi ricorderò sempre le ghigne di certi aspiranti ingegneri informatici progressisti di fronte ad un libro sull’elettromagnetismo che mi ostinavo a considerare degno d’essere letto, per quanto fosse un poco ingiallito dal tempo – aveva qualche decina d’anni. Scomodavano tra metalliche risate il medioevo e la terra piatta, lo sciamanesimo e la stregoneria, la credenza in cose invisibili. Sfottevano la teoria del flogisto e deploravano chi agiva in assenza di google.

Quelli di loro che mi stanno leggendo si chiederanno che cosa c’entri tutto questo con le figurine.

Bene, niente. Tornino costoro a mandare a memoria qualche schematizzazione ad usum doctoris machinarii sulle BNF e godano della cristallina formalizzazione delle grammatiche non contestuali, alla faccia di Panini, che circa duemilatrecentocinquant’anni fa già descriveva il sanscrito servendosi di strumenti analoghi.

Ma noi siamo più furbi, perché lui è morto senza nemmeno sapere che cosa fosse un blog.

Non credo ai B-log

Domenica 28 Gennaio 2007

Passato l’entusiamo delle prime tre ore, questo affare qui verrà cancellato, credo. Non diventerà certo un diario, ci mancherebbe.

Comunque, la parola Blog a quanto pare deriva da “Web Log”. E con ciò? Niente. Non mi metto certo a fare divulgazione. Wikipedia esiste e va alla grande.
L’ A-Log, log-icamente, precede il blog, nel dizionario come in tutto il resto. Ne è presupposto pre-logico e quindi ancora a-logico. Ma, soprattutto, a-lgologico. Se proprio dovrò fare qualcosa qui, sarà parlare male dei blog general-purpose, quelli chiacchierati, quelli con i pensierini. Sì, perché se cerco una notizia non mi piace che tra i primi risultati nel solito motore di ricerca ci siano i commenti di gente che ne sa quanto me, se va bene. La roba brutta è che se io qui scrivo Leibniz, uno che cerca informazioni su Leibniz mi piomba qui, legge e, giustamente, si stizzisce. Mi dispiace, ritenta, sbagliavi a sentirti fortunato. Ciao.

Non credo che sia bene lasciare che il primo che passa possa registrarsi. La registrazione è una cosa seria, non dissacriamola. Chiunque può, certo, lasciare messaggi. Ma non verranno pubblicati subito. E censurerò le cose che non mi piacciono. Ri-go-ro-sa-men-te. Questo, oltretutto, impedisce a questo a-log di servire da raccoltina di elogi funebri, qualora mi capitasse qualcosa. Se non c’è Algo che approva, qui non si va da nessuna parte. Spiace.