ὅπεÏ? ἔδει δεῖξαι
E’ da un po’ che non scrivo. Q.E.D., appunto.
No, mai studiato il greco. Ci sono google e il copia-incolla.
Volendo, o dovendo, fare i sottili, c’è una certa differenza tra il dover e il voler dimostrare. Ma, a parte questo, è bello come tre paroline alla fine di un silenzio, che è dimostrazione di un silenzio, inficino la dimostrazione. Lo so, è vecchia. Più vecchia ancora di quella del signore che fa splash nel caffè. E’ vecchia e talmente ovvia che perfino un Augias potrebbe tirarla fuori da un momento all’altro, in televisione. Un po’ come chiedere
Stai dormendo?
o
Ma sei pazzo?
27 Febbraio 2007 alle 11:19 am
Un po’ come chiedere se è nato prima l’uovo o la gallina. Mi ci è voluto un attimo per capire il significato del titolo nè.. per fortuna c’è Google.. http://it.wikipedia.org/wiki/Come_volevasi_dimostrare
27 Febbraio 2007 alle 10:45 pm
Google è tutto.
28 Febbraio 2007 alle 1:25 am
In effetti, ripensando alle dimostrazioni matematiche viste finora (si, le poche che ricordo), è evidente come sia molto più efficace rimandare al lettore l’ultimo passaggio della catena di implicazioni, quello che dimostra appunto la tesi… quasi a non voler vanificare la “magia” della dimostrazione stessa.
Tornando alla differenza tra voler e dover dimostrare, perchè oggi è rimasta la forma con il “voler”? Non può essere solo una licenza nella traduzione della perifrastica passiva!
“[..] Bene, e ora me lo mostri.” S. Pellegrini
4 Marzo 2007 alle 9:51 pm
Riguardo al ribaltamento volontaristico della prospettiva, non so che dire. Mi viene in mente l’arcinoto passo:
< <“Du-sollst� heisst der grosse Drache. Aber der Geist des Löwen sagt “Ich will.�>>
Se ritieni che la faccenda meriti un approfondimento, organizziamo una task force thinktankante e giù di brainstorming, finché non sappiamo tutto.
Sono entusiasta per la tua citazione, assai azzeccata. E m’è arduo il controllare l’urto del sangue e la rugiada di endorfine.